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Ossobuco alla milanese

Dal milanese oss bus, che significa osso bucato. La preparazione è definita in gremolada o cremolata, cioè salsa, condimento.
Nella sua definizione settecentesca, l'ossobuco si cucinava senza il pomodoro, che viene aggiunto quasi regolarmente dalla fine del XVIII secolo. 
La gremolada è una salsa composta da buccia di limone, rosmarino, aglio e prezzemolo tritati, cui la presenza del limone conserva un tocco decisamente rococò. 
La denominazione stessa del piatto, ricavato da fette di geretto (o stinco), meglio se posteriore, di vitello, sottolinea l'importanza dell'osso e più ancora del buco per la buona riuscita della preparazione. 
Il buco è infatti ricolmo di midollo osseo il quale, sciogliendosi superficialmente durante la cottura, dà la giusta consistenza alla salsa e ne ammorbidisce il gusto. 
Secondo la tradizione milanese il midollo residuo si estrae dalla sua cavità con un'apposita palettina, chiamata ironicamente agente delle tasse o esattore. 
 

Ricetta

Difficoltà: Media 
Tempo di esecuzione:  35 minuti 
Tecnica di cottura:Frittura, Brasatura  
Stagionalità:  Tutto l'anno
Utensili: tagliere, tegame, mestolo
 

Per porzione   

  • Energia (kcal) 280
  • Proteine (g) 21,4
  • Lipidi (g) 15,7

 
Preparazione per 6 porzioni

  • OSSOBUCHI DI VITELLO:  6 da 250 g ciascuno
  • BURRO:  60 g
  • VINO BIANCO:  1 bicchiere
  • BUCCIA DI LIMONE:  di 1/2 frutto
  • AGLIO: 1/2 spicchio
  • SALVIA:  2 foglie
  • ROSMARINO:  1 rametto
  • PREZZEMOLO:  30 g
  • BRODO:  q.b.
  • FARINA 00:  q.b.
  • SALE:  q.b.
  • PEPE:  q.b.
     

Preparazione

  • Infarinare gli ossobuchi;
  • in un largo tegame farli rosolare in metà del burro,
  • bagnare con il vino e lasciare evaporare;
  • regolare di sale e pepe;
  • coprire il tegame e fare cuocere su fuoco basso rigirandoli di tanto in tanto e bagnandoli con il brodo secondo necessità;
  • nel frattempo preparare le gremolata tritando finemente l'aglio, il prezzemolo, la buccia di limone, la salvia e il rosmarino;
  • poco prima di servire unire la gremolata all'intingolo insieme al rimanente burro.
     

Le varianti
L'infarinatura degli ossobuchi, generalmente praticata in passato per garantire loro morbidezza, non ha oggi, in presenza di carni più tenere, carattere di prescrittività (ma già l'Artusi vi aveva rinunciato, per aggiungerla successivamente un po' di farina quale legante della salsa). 
Non infrequente l'aggiunta di prosciutto o pancetta nel soffritto, che in altre varianti è invece ridotto alla sola cipolla. 
Nelle versioni più recenti la gremolata rinuncia talvolta al rosmarino e all'aglio ma accetta salvia, maggiorana e persino un filetto di acciuga. 
 
Come piatto unico si sposa al risotto giallo e alla polenta. 
Come secondo, segue un primo leggero e può avere come contorno piselli freschi, fagiolini o purè di patate.
L'intenso Sassella valtellinese, dal profumo fruttato, o il Cellatica bresciano, sapido e amarognolo, costituiscono l'abbinamento classico. 
 
 

Approfondimento: il limone in cucina 
Pur non essendo un frutto lombardo (cresce solo sulle rive dei laghi più grandi) è un ingrediente molto ricercato dalla gastronomia regionale. 
Il sodalizio nasce nel Medioevo, quando i limoni, assieme alle arance selvatiche (i naranzi dei ricettari trecenteschi), che ancora non si era riusciti ad innestare convenientemente per ricavarne una varietà dolce, erano usati in funzione di spezie. 
Con la rivoluzione illuministica delle tecniche cucinarie e del gusto, l'impiego delle spezie fu drasticamente ridimensionato, mentre quello del limone, considerato un alimento più naturale e meno artificioso rispetto alle droghe, rimase costante, per ottenere dai cibi un impatto gustativo simile a quello che precedentemente era raggiunto con l'aceto o con l'agresto. 
Possiamo far risalire alla seconda metà del Settecento quasi tutte quelle preparazioni tradizionali, come la gremolata, aromatizzate con scorza di limone in assenza di altre spezie (quando invece l'accostamento a spezie potenti, come i chiodi di garofano, la cannella o la noce moscata, rimanda ad origini più antiche). 
Nel secolo successivo, alla scorza, che resta nell'impasto di molti dolci, si preferirà il succo dell'agrume, dal quale deriverà il registro acidulo non solo della cucina ittica, ma anche di moltissimi piatti di carne, dalla fricassea alla costoletta e al fegato alla milanese, dal fritto misto alle scaloppine, al vitello in gelatina, al salmì per la cacciagione da penna.