PINOT NERO
Un mondo di bollicine. Il Metodo Classico d’Oltrepò Pavese rappresenta un vanto, brindisi dopo brindisi, per i vini a Denominazione della Lombardia. La DOCG da Pinot nero nella zona vocata - oltre il Po – in quella terra curiosamente disegnata “come un grappolo d’uva” come scriveva Gianni Brera, oggi rappresenta un vanto per la spumantistica mondiale, proprio in questi anni in cui si sta rafforzando sempre di più l’idea del brand “antico” e moderno allo stesso tempo delle bollicine italiane.
L’Oltrepò Pavese è una terra di colline, sali scendi, 440 km da percorrere lentamente e degustando qua e là (sono molte ormai le cantine che sono attrezzate per le degustazioni), per chi vuole misurare l’emozione della scoperta usando anche il contachilometri. Sono chilometri di colline bellissime, ancora molto selvagge e ricche di biodiversità naturale, fra boschi, terreni coltivati e vigne, molte vigne: oltre 13mila ettari di vigne, che godono di esposizioni speciali: vento, profumo del mare o della montagna a seconda dell’orientamento, terra bianca o rossa o bruna, a seconda della composizione geologica che fu.
Qui da sempre, pare da 2000 anni, è presente la vite e il vino è una naturale ricchezza emotiva di questa terra all’incrocio di quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Liguria. Il fiume Po parrebbe la parte attaccata al tralcio, di un grappolo che scende e strizza l’occhio alle colline del tortonese (Piemonte), a quelle del Piacentino, ad est, e al di là degli Appennini lombardi, verso la Liguria, lungo l’antica via del sale che collegava e collega la pianura padana al mare.
Terra ricca e varia, terra di uve e di vini: 6 DOC e una DOCG da Pinot nero, che si declina, quest’ultima, anche nella raffinata e splendida versione rosé con il brand Cruasé. Eleganza a non finire: il comune denominatore di queste bollicine Metodo Classico d’Oltrepò è proprio l’eleganza del Pinot nero (terza area mondiale per questo vitigno internazionale, dopo la Borgogna e la Champagne), difficilissimo da vinificare, ma splendido per chi lo sa fare e qui lo fanno bene da più di 200 anni. Per lo spumante classico. Per il rosso fermo.
“Vino buono, popolo ospitale e botti in legno molto grandi”, appuntava sul suo diario di viaggio Strabone nel 40 A.C. Quanta strada è stata fatta da allora. E quanta se ne farà per raccontare, adesso, una storia di eccellenza che continua.