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Mostazzit

Anche mostazzin, termine dialettale per mostacciuoli, da mosto, poiché anticamente si dolcificavano con mosto cotto. 
Bartolomeo Scappi (1570) li chiama, in alternativa, morselletti, cioè piccoli morsi, bocconcini nel senso moderno di pasticcini.

Ricetta

Difficoltà:  Modesta 
Tempo di esecuzione:  40 minuti 
Tecnica di cottura:   Cottura in forno 
Stagionalità: Tutto l'anno 
Utensili: tagliere, placca da forno, tagliapasta

Per porzione    

Energia (kcal)  343
Proteine (g)  7,1
Lipidi (g) 0,7
Glucidi (g)  73,7

Note: una specialità di tutta Italia 
Si tratta di biscotti di gusto antico (direttamente imparentati con i pani speziali del Medioevo e con i dulcia domestica dei Latini) preparati, in passato, con varie denominazioni, in tutte le regioni italiane. 
Oggi costituiscono una delle specialità dolciarie tipiche delle sagre di paese nelle regioni meridionali (mustazzuni o mustazzeddi); nell'Italia centrale rinnovano la tradizione natalizia dei panpepati e prendono il nome di cavallucci o bericuocoli.

Ingredienti per 6 persone

FARINA BIANCA 00:  400 g
ZUCCHERO:  150 g
ACQUA:  1/2 bicchiere
SPEZIE A PIACERE:  q.b. 
 

L'ingrediente (fantasma): il mosto   
Alcune specialità della regione, come la mostarda e i mostazzitt conservano ancora nel nome la radice linguistica che le indica discendenti dal mosto.
Era questo l'ingrediente più comune usato per la dolcificazione in ambiente contadino, dove, dopo il periodo aureo della Georgica virgiliana, non si è mai avuta troppa dimestichezza con le api e con il miele, né tantomeno con lo zucchero degli speziali. 
Il mosto d'uva, invece, era facilmente disponibile: sia quello ricavato da uva non ancora matura, con cui si produceva l'agresto (v. Maestro Martino, III), una sorta d'aceto non fermentato usato per fare salse e per insaporire pesci e carni alla brace; sia il mosto cotto vero e proprio, di cui si ha testimonianza negli antichi ricettari mantovani. 
Con questo vino cotto, come si chiamava comunemente, che si poteva conservare in vasi e bottiglie per molti e molti anni, a Mantova si preparavano dolci e biscotti, tra cui i turtei sguazzarott con zucca e fagioli. In generale si può ipotizzare un uso popolare di mosto cotto in tutte quelle specialità dolciarie che derivano dai pani speziali, come la torta spongarda del Cremasco, o che richiedano l'uso di miele in luogo dello zucchero. 
Il Dubini usa il mosto fresco per giulebbare, senza lo zucchero, delle pere.

Preparazione

Incorporare tutti gli ingredienti con l'acqua, gramolando sul tagliere;
distendere la pasta con il matterello e tagliarla a forma di mostacciuoli (rombi allungati);
cuocere in forno moderato (160° C) per circa 15 minuti. 
 

Varianti
Tutte le ricette prese in esame derivano da quella della Cucina degli stomachi deboli, la quale, a sua volta, è debitrice a quella dell'Opera dello Scappi.
Il cuoco rinascimentale profuma i suoi biscotti, oltre che con anice, con spezie di gusto cinquecentesco, quali il pitartamo e il muschio, e stende l'impasto in teglie larghe, per poi tagliarlo a losanghe tra la prima cottura e la biscottatura. 
Nessun altro ricettario indica con esattezza le spezie da usare, ma sulla scorta di formulazioni provenienti da altre regioni, possiamo indicare: semi di anice, cannella, chiodi di garofano, semi di coriandolo e noce moscata, da equilibrare tra loro a seconda dei gusti (ma sempre con estrema parsimonia, come richiede il gusto moderno). 
 
Nell'Ottocento si servivano a colazione, per farne zuppetta nel caffellatte; oggi paiono più congeniali al tè pomeridiano o ad un fine pranzo. 
Nel qual caso, in mancanza del vin del tecc, prodotto una volta con uve appassite e religiosamente conservato in solaio nell'apposito caratellino, può essere abbinato con un robusto Sfurzat della Valtellina.